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Santi dell' 11 Luglio

Il mio Santo > I Santi di Luglio

*Sant'Abbondio di Cordova - Martire (11 Luglio)

Etimologia: Abbondio = abbondante, dal latino
Martirologio Romano: A Córdova nell’Andalusia in Spagna, Sant’Abbondio, sacerdote, che durante la persecuzione dei Mori, interrogato dal giudice, sostenne in audaci risposte le ragioni della fede e, suscitata immediata indignazione, fu messo a morte e poi esposto ai morsi di cani e fiere perché fosse divorato.
Nato nel paesetto di Ananelos (probabilmente uno degli attuali Baòuelos o Hornachuelos), nella sierra di Cordova, e ordinato sacerdote, esercitò il ministero pastorale nel suo paese natale. Durante la dura persecuzione sofferta dalla chiesa cordovese negli anni 851-54, preso e portato davanti al tribunale musulmano, Abbondio affrontò il giudizio con generosa intrepidezza, convinto che Dio lo chiamasse al martirio.
Fu condannato a morte l'8 luglio 854 (l'Usuardo dice l'8 giugno) e il suo corpo fu dato in pasto ai cani.

(Autore: Justo Fernandez Alonso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Abbondio di Cordova, pregate per noi.

*Sante Anna An Xinzhi, Matia An Guozhi, Anna An Jiaozhi e Maria An Lihua (11 Luglio)
"Santi Martiri Cinesi" (Agostino Zhao Rong e 119 Compagni) - (9 luglio) - Memoria Facoltativa
Martirologio Romano:
Nel villaggio di Liugongyin vicino ad Anping nella provincia dello Hebei in Cina, Sante Anna An Xinzhi, Maia An Guozhi, Anna An Jiaozhi e Maria An Lihua, vergini e martiri, che, durante la persecuzione dei Boxer, non riuscendosi in alcun modo a far loro rinnegare la fede, furono decapitate.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sante Anna An Xinzhi, Matia An Guozhi, Anna An Jiaozhi e Maria An Lihua, pregate per noi.

*Beato Antonio Muller - Mercedario (11 Luglio)

Dotto interprete delle Sacre Scritture ed eminente professore in lingue orientali, il Beato Antonio Muller, fu un mercedario di rare virtù per le quali fu stimato come un Santo.
Pieno di umiltà e carità fu onorato da Dio in vita e dopo la morte.
L’Ordine lo festeggia l’11 luglio.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Antonio Muller, pregate per noi.

*San Benedetto da Norcia - Abate, Patrono d'Europa (11 Luglio e 21 Marzo)

Norcia (Perugia), ca. 480 - Montecassino (Frosinone), 21 marzo 543/560
È il patriarca del monachesimo occidentale. Dopo un periodo di solitudine presso il sacro Speco di Subiaco, passò alla forma cenobitica prima a Subiaco, poi a Montecassino.
La sua Regola, che riassume la tradizione monastica orientale adattandola con saggezza e discrezione al mondo latino, apre una via nuova alla civiltà europea dopo il declino di quella romana.
In questa scuola di servizio del Signore hanno un ruolo determinante la lettura meditata della parola di Dio e la lode liturgica, alternata con i ritmi del lavoro in un clima intenso di carità fraterna e di servizio reciproco.
Nel solco di San Benedetto sorsero nel continente europeo e nelle isole centri di preghiera, di cultura, di promozione umana, di ospitalità per i poveri e i pellegrini.
Due secoli dopo la sua morte, saranno più di mille i monasteri guidati dalla sua Regola. Paolo VI lo proclamò patrono d'Europa (24 ottobre 1964). (Avvenire)

Patronato: Europa, Monaci, Speleologi, Architetti, Ingegneri
Etimologia: Benedetto = che augura il bene, dal latino
Emblema: Bastone pastorale, Coppa, Corvo imperial
Martirologio Romano: Memoria di San Benedetto, abate, che, nato a Norcia in Umbria ed educato a Roma, iniziò a condurre vita eremitica nella regione di Subiaco, raccogliendo intorno a sé molti discepoli; spostatosi poi a Cassino, fondò qui il celebre monastero e scrisse la regola, che tanto si diffuse in ogni lugo da meritargli il titolo di patriarca dei monaci in Occidente.
Si ritiene sia morto il 21 marzo.
(21 marzo: A Montecassino, anniversario della morte di san Benedetto, abate, la cui memoria si celebra l’11 luglio.
San Benedetto, Fondatore del monachesimo occidentale, e anche Patrono del mio pontificato. Comincio con una parola di san Gregorio Magno, che scrive di San Benedetto: “L’uomo di Dio che brillò su questa terra con tanti miracoli non rifulse meno per l’eloquenza con cui seppe esporre la sua dottrina” (Dial. II, 36).
Queste parole il grande Papa scrisse nell’anno 592; il santo monaco era morto appena 50 anni prima ed era ancora vivo nella memoria della gente e soprattutto nel fiorente Ordine religioso da lui fondato.
San Benedetto da Norcia con la sua vita e la sua opera ha esercitato un influsso fondamentale sullo sviluppo della civiltà e della cultura europea.
La fonte più importante sulla vita di lui è il secondo libro dei Dialoghi di san Gregorio Magno.
Non è una biografia nel senso classico. Secondo le idee del suo tempo, egli vuole illustrare mediante l’esempio di un uomo concreto – appunto di san Benedetto – l’ascesa alle vette della contemplazione, che può essere realizzata da chi si abbandona a Dio.
Quindi ci dà un modello della vita umana come ascesa verso il vertice della perfezione.
San Gregorio Magno racconta anche, in questo libro dei Dialoghi, di molti miracoli compiuti dal Santo, ed anche qui non vuole semplicemente raccontare qualche cosa di strano, ma dimostrare come Dio, ammonendo, aiutando e anche punendo, intervenga nelle concrete situazioni della vita dell’uomo.
Vuole mostrare che Dio non è un’ipotesi lontana posta all’origine del mondo, ma è presente nella vita dell’uomo, di ogni uomo.
Questa prospettiva del “biografo” si spiega anche alla luce del contesto generale del suo tempo: a cavallo tra il V e il VI secolo il mondo era sconvolto da una tremenda crisi di valori e di istituzioni, causata dal crollo dell’Impero Romano, dall’invasione dei nuovi popoli e dalla decadenza dei costumi.
Con la presentazione di san Benedetto come “astro luminoso”, Gregorio voleva indicare in questa situazione tremenda, proprio qui in questa città di Roma, la via d’uscita dalla “notte oscura della storia” (cfr Giovanni Paolo II, Insegnamenti, II/1, 1979, p. 1158).
Di fatto, l’opera del Santo e, in modo particolare, la sua Regola si rivelarono apportatrici di un autentico fermento spirituale, che mutò nel corso dei secoli, ben al di là dei confini della sua Patria e del suo tempo, il volto dell’Europa, suscitando dopo la caduta dell’unità politica creata dall’impero romano una nuova unità spirituale e culturale, quella della fede cristiana condivisa dai popoli del continente. È nata proprio così la realtà che noi chiamiamo “Europa”.
La nascita di san Benedetto viene datata intorno all’anno 480. Proveniva, così dice San Gregorio, “ex provincia Nursiae” – dalla regione della Nursia.
I suoi genitori benestanti lo mandarono per la sua formazione negli studi a Roma. Egli però non si fermò a lungo nella Città eterna.
Come spiegazione pienamente credibile, Gregorio accenna al fatto che il giovane Benedetto era
disgustato dallo stile di vita di molti suoi compagni di studi, che vivevano in modo dissoluto, e non voleva cadere negli stessi loro sbagli.
Voleva piacere a Dio solo; “soli Deo placere desiderans” (II Dial., Prol 1). Così, ancora prima della conclusione dei suoi studi, Benedetto lasciò Roma e si ritirò nella solitudine dei monti ad est di Roma.
Dopo un primo soggiorno nel villaggio di Effide (oggi: Affile), dove per un certo periodo si associò ad una “comunità religiosa” di monaci, si fece eremita nella non lontana Subiaco.
Lì visse per tre anni completamente solo in una grotta che, a partire dall’Alto Medioevo, costituisce il “cuore” di un monastero benedettino chiamato “Sacro Speco”.
Il periodo in Subiaco, un periodo di solitudine con Dio, fu per Benedetto un tempo di maturazione.
Qui doveva sopportare e superare le tre tentazioni fondamentali di ogni essere umano: la tentazione dell’autoaffermazione e del desiderio di porre se stesso al centro, la tentazione della sensualità e, infine, la tentazione dell’ira e della vendetta.
Era infatti convinzione di Benedetto che, solo dopo aver vinto queste tentazioni, egli avrebbe potuto dire agli altri una parola utile per le loro situazioni di bisogno.
E così, riappacificata la sua anima, era in grado di controllare pienamente le pulsioni dell’io, per essere così un creatore di pace intorno a sé.
Solo allora decise di fondare i primi suoi monasteri nella valle dell’Anio, vicino a Subiaco.
Nell’anno 529 Benedetto lasciò Subiaco per stabilirsi a Montecassino. Alcuni hanno spiegato questo trasferimento come una fuga davanti agli intrighi di un invidioso ecclesiastico locale.
Ma questo tentativo di spiegazione si è rivelato poco convincente, giacché la morte improvvisa di lui non indusse Benedetto a ritornare (II Dial. 8).
In realtà, questa decisione gli si impose perché era entrato in una nuova fase della sua maturazione interiore e della sua esperienza monastica.
Secondo Gregorio Magno, l’esodo dalla remota valle dell’Anio verso il Monte Cassio – un’altura che, dominando la vasta pianura circostante, è visibile da lontano – riveste un carattere simbolico: la vita monastica nel nascondimento ha una sua ragion d’essere, ma un monastero ha anche una sua finalità pubblica nella vita della Chiesa e della società, deve dare visibilità alla fede come forza di vita.
Di fatto, quando, il 21 marzo 547, Benedetto concluse la sua vita terrena, lasciò con la sua Regola e con la famiglia benedettina da lui fondata un patrimonio che ha portato nei secoli trascorsi e porta tuttora frutto in tutto il mondo.
Nell’intero secondo libro dei Dialoghi Gregorio ci illustra come la vita di san Benedetto fosse immersa in un’atmosfera di preghiera, fondamento portante della sua esistenza. Senza preghiera non c’è esperienza di Dio.
Ma la spiritualità di Benedetto non era un’interiorità fuori dalla realtà. Nell’inquietudine e nella confusione del suo tempo, egli viveva sotto lo sguardo di Dio e proprio così non perse mai di vista i doveri della vita quotidiana e l’uomo con i suoi bisogni concreti.
Vedendo Dio capì la realtà dell’uomo e la sua missione.
Nella sua Regola egli qualifica la vita monastica “una scuola del servizio del Signore” (Prol. 45) e chiede ai suoi monaci che “all’Opera di Dio [cioè all’Ufficio Divino o alla Liturgia delle Ore] non si anteponga nulla” (43,3).
Sottolinea, però, che la preghiera è in primo luogo un atto di ascolto (Prol. 9-11), che deve poi tradursi nell’azione concreta. “Il Signore attende che noi rispondiamo ogni giorno coi fatti ai suoi santi insegnamenti”, egli afferma (Prol. 35).
Così la vita del monaco diventa una simbiosi feconda tra azione e contemplazione “affinché in tutto venga glorificato Dio” (57,9).
In contrasto con una autorealizzazione facile ed egocentrica, oggi spesso esaltata, l’impegno primo ed irrinunciabile del discepolo di san Benedetto è la sincera ricerca di Dio (58,7) sulla via tracciata dal Cristo umile ed obbediente (5,13), all’amore del quale egli non deve anteporre alcunché (4,21; 72,11) e proprio così, nel servizio dell’altro, diventa uomo del servizio e della pace.
Nell’esercizio dell’obbedienza posta in atto con una fede animata dall’amore (5,2), il monaco conquista l’umiltà (5,1), alla quale la Regola dedica un intero capitolo (7).
In questo modo l’uomo diventa sempre più conforme a Cristo e raggiunge la vera autorealizzazione come creatura ad immagine e somiglianza di Dio.
All’obbedienza del discepolo deve corrispondere la saggezza dell’Abate, che nel monastero tiene “le veci di Cristo” (2,2; 63,13).
La sua figura, delineata soprattutto nel secondo capitolo della Regola, con un profilo di spirituale bellezza e di esigente impegno, può essere considerata come un autoritratto di Benedetto, poiché – come scrive Gregorio Magno – “il Santo non poté in alcun modo insegnare diversamente da come visse” (Dial. II, 36).
L’Abate deve essere insieme un tenero padre e anche un severo maestro (2,24), un vero educatore.
Inflessibile contro i vizi, è però chiamato soprattutto ad imitare la tenerezza del Buon Pastore (27,8), ad “aiutare piuttosto che a dominare” (64,8), ad “accentuare più con i fatti che con le parole tutto ciò che è buono e santo” e ad “illustrare i divini comandamenti col suo esempio” (2,12).
Per essere in grado di decidere responsabilmente, anche l’Abate deve essere uno che ascolta “il consiglio dei fratelli” (3,2), perché “spesso Dio rivela al più giovane la soluzione migliore” (3,3).
Questa disposizione rende sorprendentemente moderna una Regola scritta quasi quindici secoli fa!
Un uomo di responsabilità pubblica, e anche in piccoli ambiti, deve sempre essere anche un uomo che sa ascoltare e sa imparare da quanto ascolta.
Benedetto qualifica la Regola come “minima, tracciata solo per l’inizio” (73,8); in realtà però essa offre indicazioni utili non solo ai monaci, ma anche a tutti coloro che cercano una guida nel loro cammino verso Dio.
Per la sua misura, la sua umanità e il suo sobrio discernimento tra l’essenziale e il secondario nella vita spirituale, essa ha potuto mantenere la sua forza illuminante fino ad oggi.
Paolo VI, proclamando nel 24 ottobre 1964 san Benedetto Patrono d’Europa, intese riconoscere l’opera meravigliosa svolta dal Santo mediante la Regola per la formazione della civiltà e della cultura europea.
Oggi l’Europa – uscita appena da un secolo profondamente ferito da due guerre mondiali e dopo il crollo delle grandi ideologie rivelatesi come tragiche utopie – è alla ricerca della propria identità.
Per creare un’unità nuova e duratura, sono certo importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale che attinga alle radici cristiane del Continente, altrimenti non si può ricostruire l’Europa.
Senza questa linfa vitale, l’uomo resta esposto al pericolo di soccombere all’antica tentazione di volersi redimere da sé – utopia che, in modi diversi, nell’Europa del Novecento ha causato, come ha rilevato il Papa Giovanni Paolo II, “un regresso senza precedenti nella tormentata storia dell’umanità” (Insegnamenti, XIII/1, 1990, p. 58).
Cercando il vero progresso, ascoltiamo anche oggi la Regola di san Benedetto come una luce per il nostro cammino.
Il grande monaco rimane un vero maestro alla cui scuola possiamo imparare l’arte di vivere l’umanesimo vero. (Autore: Papa Benedetto XVI - Udienza Generale 9.04.2008)
La sua nobile famiglia lo manda a Roma per gli studi, che lui non completerà mai. Lo attrae la vita monastica, ma i suoi progetti iniziali falliscono. Per certuni è un santo, ma c’è chi non lo capisce e lo combatte.
Alcune canaglie in tonaca lo vogliono per abate e poi tentano di avvelenarlo. In Italia i Bizantini strappano ai Goti, con anni di guerra, una terra devastata da fame, malattie e terrore.
Del resto, in Gallia le successioni al trono si risolvono in famiglia con l’omicidio.
"Dovremmo domandarci a quali eccessi si sarebbe spinta la gente del Medioevo, se non si fosse levata questa voce grande e dolce".
Lo dice nel XX secolo lo storico Jaques Le Goff. E la voce di Benedetto comincia a farsi sentire da Montecassino verso il 529. Ha creato un monastero con uomini in sintonia con lui, che rifanno vivibili quelle terre. Di anno in anno, ecco campi, frutteti, orti, il laboratorio...
Qui si comincia a rinnovare il mondo: qui diventano uguali e fratelli “latini” e “barbari”, ex pagani ed ex ariani, antichi schiavi e antichi padroni di schiavi.
Ora tutti sono una cosa sola, stessa legge, stessi diritti, stesso rispetto.
Qui finisce l’antichità, per mano di Benedetto.
Il suo monachesimo non fugge il mondo. Serve Dio e il mondo nella preghiera e nel lavoro.
Irradia esempi tutt’intorno con il suo ordinamento interno fondato sui tre punti: la stabilità, per cui nei suoi cenobi si entra per restarci; il rispetto dell’orario (preghiera, lavoro, riposo), col quale Benedetto rivaluta il tempo come un bene da non sperperare mai.
Lo spirito di fraternità, infine, incoraggia e rasserena l’ubbidienza: c’è l’autorità dell’abate, ma Benedetto, con la sua profonda conoscenza dell’uomo, insegna a esercitarla "con voce grande e dolce".
Il fondatore ha dato ai tempi nuovi ciò che essi confusamente aspettavano.
C’erano già tanti monasteri in Europa prima di lui. Ma con lui il monachesimo-rifugio diventerà monachesimo-azione. La sua Regola non rimane italiana: è subito europea, perché si adatta a tutti. Due secoli dopo la sua morte, saranno più di mille i monasteri guidati dalla sua Regola (ma non sappiamo con certezza se ne sia lui il primo autore.
Così come continuiamo ad essere incerti sull’anno della sua morte a Montecassino).
Papa Gregorio Magno gli ha dedicato un libro dei suoi Dialoghi, ma soltanto a scopo di edificazione, trascurando molti particolari importanti. Nel libro c’è però un’espressione ricorrente: i visitatori di Benedetto – re, monaci, contadini – lo trovano spesso "intento a leggere". Anche i suoi monaci studiano e imparano. Il cenobio non è un semplice sodalizio di eruditi per il recupero dei classici: lo studio è in funzione dell’evangelizzare. Ma quest’opera fa pure di esso un rifugio della cultura nel tempo del grande buio.

(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Benedetto da Norcia, pregate per noi.

*San Bertrando (Betrando) - Abate di Grand-Selve (11 Luglio)

Martirologio Romano: Nel monastero di Grand-Selve nel territorio di Tolosa in Francia, Beato Betrando, abate, che, desideroso di stabilire nel suo monastero l’osservanza di una regola, lo aggregò all’Ordine Cistercense.
Uno dei suoi monaci attesta che «era uomo di incomparabile semplicità e purezza di cuore, a tutti amabile per la dolcezza e mitezza, forte nelle avversità, grande nell'amore».
Bertrando si dedicò alla predicazione, e si recò spesso nella Francia meridionale per combattere gli errori degli Albigesi, che lo perseguitarono e lo costrinsero ad abbandonare la sua abbazia e a vivere per due anni in Italia.
Il 31 marzo 1145, Bertrando e i monaci della comunità di Grandselve, fondata nel 1117 e osservante la regola di san Benedetto alla maniera cistercense, furono associati formalmente all'Ordine, specialmente per opera di San Bernardo, che tanto stimava il Beato.
Bertrando, fin dagli inizi della sua vita monastica, ebbe cura di meditare ogni giorno il Vangelo e di mantenersi in uno stato di grande purezza, tanto che nessuno osava riportargli notizie di avvenimenti estranei alla vita religiosa.
Al solo udire il nome di Gesù le lacrime scaturivano dai suoi occhi e durante la Messa, come raccontò egli stesso, aveva spesso apparizioni celesti.
Morì l'11 luglio 1149 e fu venerato a Grandselve il 20 novembre, fino a quando il monastero non fu distrutto.

(Autore: Alfonso M. Zimmermann - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Bertrando, pregate per noi.

*San Chetillo - Sacerdote (11 Luglio)

Venning, Danimarca, inizio XII secolo – Viborg, Danimarca, 27 settembre 1150 circa
Martirologio Romano:
A Viborg in Danimarca, San Chetillo, sacerdote e canonico regolare, che fu pieno di attenzione per la scuola capitolare e autentico modello di vita monastica.
Notizie circa San Chetillo ci giungono grazie al Breviario dello Schleswig del 1512, ove sono
riportate sei “lectiones” riguardanti la sua vita e riferenti notizie nel complesso degne di nota. Nato all’inizio del XII secolo presso Venning, nello Jutland, da una buona famiglia danese.
Sin dalla giovinezza si distinse nelle discipline sacre e profane, ma la sua fama maggiore fu dovuta alla condotta virtuosa che contraddistingueva la sua esistenza.
Il vescovo di Viborg, Eskil, lo invitò nella sua diocesi e gli conferì l’ordinazione presbiterale nel 1125. Entrato poi cinque anni dopo fra i Canonici Regolari Agostiniani, Chetillo ne divenne prevosto ed assunse inoltre gli incarichi di educatore dei chierici della scuola capitolare e di amanuense per la copiatura di codici.
Si valse della sua grande influenza per promuovere la pacificazione degli animi, turbati dalle lotte per le successioni dinastiche: nel 1147 fu infatti inviato a Lund per negoziare, con l’arcivescovo Eskil, per la pace fra Svevo Grade e Canuto che si contendevano il trono danese. Contemporaneamente svolse un’intensa opera missionaria presso i Vendi, mostrandosi esemplare nella predicazione.
Secondo una lezione del breviario suddetto, Chetillo sarebbe morto martire, notizia però non suffragata dai più antichi martirologi, forse in quanto morto in modo violento ma non ad opera dei nemici della fede cristiana.
Morì a Viborg probabilmente il 27 settembre 1150. Nel duomo cittadino gli fu dedicata una cappella, ove i suoi resti vennero riposti in un reliquiario d’oro.
Agli occhi del popolo apparve da sempre come un Santo, ancor prima che il pontefice Clemente III lo canonizzasse finalmente nel 1188. Nel presunto anniversario di tale evento è ancor oggi celebrata la sua festa.

(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Chetillo, pregate per noi.

*San Drostano di Deer - Monaco (11 Luglio)

Di San Drostano - monaco scozzese vissuto a cavallo tra VI e VII secolo - ci parlano due fonti discordanti, il «Breviarium Aberdonense» e il «Libro di Deer».
Comunque, il santo apparteneva a una famiglia nobile degli Scoti e seguì la vocazione monastica sotto la guida di Colomba di Iona.
Con lui ottenne da un regnante dell'altro principale ceppo, i Piti, il terreno per l'abbazia di Deer, di cui divenne abate.
Guidò poi il monastero di Dalquhongale (Holywood) e ne fondò altri nella zona di Aberdeen, di cui fu l'evangelizzatore.
Infine, si ritirò eremita a Glenesk, dove morì.
Deer, caduta in rovina, fu ricostruita dai Cisterciensi nel 1213 e sopravvisse fino alla Riforma.
Una curiosità: ad Aberlour, presso la fonte (inariditasi) dove il Santo battezzava, sorge oggi una rinomata distilleria di whisky. (Avvenire)

Martirologio Romano: Sul fiordo di Moray in Scozia, San Drostano, abate, che resse vari monasteri e condusse, negli ultimi anni, vita eremitica.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Drostano di Deer, pregate per noi.

*Sant'Idulfo (Idolfo) di Moyenmoutier - Abate (11 Luglio)

Martirologio Romano: Nel monastero di Moyenmoutier sui monti Vosgi, in Francia, Sant’Idolfo, che, vescovo di Treviri, si ritirò a vita solitaria, ma, sopraggiunti numerosi discepoli, fondò un cenobio e lo governò.
Idulfo nacque forse a Regensburg in Baviera, e, secondo alcuni resoconti, fu abate del monastero francese di Saint-Dié prima di essere consacrato vescovo di Treviri nel 666 circa. La sua relazione
con la Francia è improbabile e probabilmente non fu un vescovo diocesano, ma un chorepiscopus annesso al monastero di Saint-Maximin a Treviri, un tipo di vescovo comune nelle zone missionarie della Germania nell'VIII secolo, dove svolgeva un ruolo importante nell'evangelizzazione del paese. A un certo punto, Idulfo si sentì chiamato a uno stile di vita più solitario, perciò si ritirò sulle montagne dei Vosgi per vivere come un eremita, e subito dopo, nel 676 circa, istituì un monastero a Moyenmoutier, così chiamato perché era situato tra un certo numero di monasteri che formavano una croce (moyen significa "in mezzo"; moustier "monastero").
All'inizio seguì una regola che era il risultato della fusione di quella di S. Benedetto e di quella redatta da San Colombano per il grande monastero di Luxeuil che sorgeva nella zona.
Come era consueto, per quel gruppo di monasteri, Idulfo pose l'accento sull'importanza del lavoro manuale per i monaci e si diceva che anche lui svolgesse sempre il suo compito ogni giorno, nonostante l'età avanzata. Morì l'11 luglio, probabilmente nel 707; le spoglie furono trasferite un certo numero di volte e, dal 1854, sono venerate in una cappella laterale del monastero Moyenmoutier.
Questa fondazione fu importante per tutto il Medio Evo, e nel XVI secolo il patronato di Idulfo fu associato a Saint-Vanne, dando vita a una congregazione approvata da papa Clemente VII, da cui nacque la celebre Congregazione di S. Mauro.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Idulfo di Moyenmoutier, pregate per noi.

*San Leonzio II, il Giovane - Vescovo di Bordeaux (11 Luglio)
† 567/570

Governò con saggezza la diocesi di Bordeaux in Francia, restaurò la disciplina ecclesiastica e la liturgia.
Martirologio Romano: A Bordeaux in Aquitania, in Francia, San Leonzio, vescovo, che fu vanto del popolo e della città e rifulse quale costruttore di edifici di culto, restauratore del battistero e silenzioso benefattore dei poveri.
Proveniente da una famiglia galloromana di antica nobiltà, nacque nella provincia di Aquitania, forse nella stessa Bordeaux, verso il 515-516.
Ancora adolescente («cum se primo vestivit flore juventus») prese parte ad una spedizione militare in Spagna, probabilmente quella del re franco Childeberto nel 531. Sposò quindi Placidina, pronipote di san Sidonio Apollinare e divenne, in seguito, tredicesimo vescovo di Bordeaux, succedendo a Leonzio I.
Da questo momento trattò Placidina come una sorella. La data dell’elezione è incerta. Si ritiene comunemente che il Leonzio vescovo di Bordeaux, menzionato tra i sottoscrittori del quinto concilio gallo-franco di Orléans (549) dal prete Vincenzo, sia Leonzio II, il quale figura anche in quello di Parigi del 552, dove fu uno dei metropoliti che confermarono la deposizione del vescovo Suffaracus; partecipò ancora al concilio di Parigi del 560.
Intorno al 561-563 incontrò delle difficoltà da parte dei re Clotario I e Cariberto nell’esercizio delle sue funzioni di metropolita in merito alla designazione del successore di Eusebio, vescovo di Saintes.
I due re infatti elessero Emerio senza attendere il consenso di Leonzio, la cui reazione rimase senza effetto. A Bordeaux edificò la basilica di san Martino, fuori le mura della città, che Placidina contribuì ad ornare.
All’interno della città costruì la cattedrale di Notre-Dame, rischiarata da un notevole gioco di luci («lumine piena micans aula»); portò inoltre a termine le costruzioni dei suoi predecessori.
Tra le opere compiute da Leonzio vanno ricordate, inoltre, la costruzione della basilica di san Vincenzo, presso Mas d’Agenais (Lot-et-Garonne), dominante la Garonna; la ricostruzione della piccola basilica circolare di San Nazario, presso Sainte-Foy (Gironde).
A Saintes portò a termine la costruzione di San Viviano, decorandola con un soffitto d’argento incastonato d’oro, dono di Placidina, e con sculture in legno raffiguranti animali fantastici; ricostruì, inoltre, Sant'Eutropio.
Leonzio morì a cinquantaquattro anni, dopo il soggiorno a Bordeaux di Venanzio Fortunato (tra il 567 e il 570) ed il suo successore era già insediato nel 574.
Fortunato dedicò a Leonzio e alla sua sposa Placidina tredici poemi in cui la massa di iperboli non altera la grande figura del prelato la cui azione benefica e organizzativa fu considerevole.
Le diocesi di Bordeaux, di La Rochelle e di Saintes ne hanno iscritto la festa all’11 luglio.

(Autore: Paul Viard – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Leonzio II, pregate per noi.

*Santa Marciana di Cesarea di Mauritania - Martire (11 Luglio)
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Cesarea di Mauritania, nell’odierna Algeria, Santa Marciana, vergine, che subì il martirio data in pasto alle fiere.
Originaria di Russucur (oggi Dellys) nella Mauritania, si ritirò, dopo aver emesso il voto di verginità, presso Cesarea per dedicarsi ad una vita di penitenza. Avversaria tenace del paganesimo, trascese a
forme esterne di opposizione allorquando mutilò una statua di Diana venerata nella città.
Per questo venne arrestata e sottoposta a varie torture come la verberazione e la minaccia di essere infamata. Per la sua perseveranza nella fede cristiana venne condannata ad bestias anche per istigazione dei Giudei.
Portata nell'anfiteatro non fu toccata da un leone, ma un toro la gettò in aria lasciandola stordita e ferita; infine fu dilaniata da un leopardo. Il martirio avvenne durante la persecuzione di Diocleziano.
La commemorazione piú antica di Marciana è all'11 luglio come appare evidente dal Martirologio Geronimiano, dai calendari mozarabici e dai passionari spagnoli.
Solo un'errata lettura della data tradizionale V id. iul. per V id. ian., dette origine alla commemorazione del 9 gennaio ché da Floro e Adone passò nel Romano.
Una Santa Marciana è venerata a Toledo il 12 luglio, come si può rilevare dal Martirologio Romano e da antichi martirologi e breviari spagnoli.
Basandosi su testi di scarsissimo valore storico, alcuni scrittori spagnoli hanno tentato di dimostrare l'esistenza di due sante dello stesso nome: quella di Cesarea e quella di Toledo.
L'affermazione poi che la Marciana spagnola sarebbe stata figlia del re del Portogallo; Catillo e sorella di Santa Quiteria è una pura invenzione fantastica.
La Marciana venerata a Toledo è quindi la martire di Cesarea di Mauritania.
Il Baronio pur non condividendo l'idea delle due Marciana, accolse però anche la commemorazione del 12 luglio come data della traslazione della santa a Toledo, traslazione che, tuttavia, non è mai avvenuta.

(Autore: Gian Domenico Gordini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Santa Marciana di Cesarea di Mauritania, pregate per noi.

*San Marciano di Iconio - Martire (11 Luglio)
III/IV sec.

Martirologio Romano: A Konya in Licaonia, nell’odierna Turchia, San Marciano, martire, che sotto il governatore Perennio ottenne tra molti supplizi la palma della vittoria.
I sinassari bizantini menzionano all'11 luglio Marciano, martire di Iconio in Licaonia, il quale, dopo aver subito diversi tormenti (braciere ardente, ablazione della lingua), morì decapitato ai tempi del governatore Perinio (Perennius).
Sino ad ora non è stata ritrovata alcuna passio di questo martire.
H. Delehaye, osservata la somiglianza dei dati, proponeva un accostamento tra questo martire e l'omonimo commemorato il giorno precedente (10 luglio), non a Iconio, ma a Tomi in Mesia, sia nel Martirologio Siriaco del IV secolo, con quarantasette compagni, sia nel Martirologio Geronimiano in cui il numero dei compagni è di quarantaquattro (sei dei quali sono citati per nome).
Il Baronio ha conosciuto Marciano di Iconio attraverso il cosiddetto Menologio del cardinale Sirleto e lo ha introdotto, sempre all'11 luglio, nel Martirologio Romano.

(Autore: Joseph-Marie Sauget – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Marciano di Iconio, pregate per noi.

*Sant'Olga di Kiev - Granduchessa (11 Luglio)

Nel giorno di San Benedetto, patrono d'Europa, la Chiesa ricorda anche Olga, tra i primi santi russi inseriti nel calendario cattolico.
È considerata l'anello di congiunzione tra epoca pagana e cristiana. Nacque nell'890 nei pressi di Pskov da un capo variago, popolazione di origine normanna.
Era traghettatrice sul fiume Velika, quando conobbe il principe Igor Rjurikovic, che la sposò. Morto questi divenne reggente di Kiev.
Si convertì al cristianesimo nel 957. Il nipote San Vladimiro sarebbe stato il  battezzatore della Rus'. Tenne contatti con Costantinopoli. Morì quasi 80enne nel 969. (Avvenire)

Etimologia: Olga = di buona salute, dal tedesco; santa, dallo scandinavo
Martirologio Romano: A Kiev nel territorio dell’odierna Ucraina, Santa Olga, nonna di San Vladimiro, che prima tra i Rurikidi ricevette il battesimo e il nome di Elena, aprendo a tutto il popolo di Russia la via a Cristo.
Olga è tra i primi Santi russi-slavi inseriti nel Calendario cattolico bizantino; è considerata l’anello di congiunzione tra l’epoca pagana e quella cristiana, nella storia dei popoli russi.
Le fonti che parlano di lei sono numerose e tutte di rilevanza storica, da esse apprendiamo che Olga nacque nell’890 nel villaggio Vybuti a pochi km da Pskov, sul fiume Velika.
Bellissima popolana era addetta al traghettamento delle persone sul fiume stesso; nel 903 fu vista dal principe Igor Rjurikovic che volle sposarla sebbene giovanissima.
In realtà Olga o Helga era figlia di un capo variago, tribù normanna di origine scandinava, che
proveniente dal Nord si occupavano di traffici e commerci lungo la via del Volga, del Mar Nero e del Caucaso; sicuramente il padre era sorvegliante e responsabile di qualche punto strategico di questo percorso.
Il loro matrimonio fu il simbolo concreto della fusione del popolo russo-slavo con quello variago, che alla fine del secolo IX cominciava ad attuarsi sotto il benefico influsso del Cristianesimo.
Nell’anno 945 il principe Igor, marito di Olga, fu ucciso dai Drevljani ed ella con un temperamento retto ma violento, vendicò con fermezza l’assassinio, mandando a morte molti capi nemici e imponendo ai superstiti tributi e tasse di ogni genere.
Divenne reggente del principato di Kiev, per il figlio Svjatoslav di tre anni, governò con saggezza politica, riuscendo a far diventare tributaria di Kiev la stessa importante provincia di Novgorod; amata dal popolo che le riconosceva il merito di essere giusta e misericordiosa, ma anche inflessibile, educò rettamente il figlio, anche se non ebbe la gioia di saperlo cristiano, dopo che lei verso il 957, si era convertita al cristianesimo.
Sarà uno dei nipoti Vladimiro a darle questa soddisfazione, infatti non solo diventò cristiano e battezzato, ma diventerà "battezzatore della Rus’", "nuovo apostolo" e Santo della Chiesa.
La prima conversione del popolo russo-variago fu nell’862 attraverso i bizantini, poi ci fu l’opera di apostolato dei santi Cirillo e Metodio e pur attraversando un periodo di persecuzione da parte dei refrattari Variaghi, il cristianesimo si andò affermando in tutto lo Stato, di pari passo con la diffusione della lingua slava e già al tempo del governo del principe Igor, esisteva a Kiev una chiesa dedicata al profeta Elia.
Olga con la sua conversione e con la sua opera contribuì attivamente all’evangelizzazione del regno " Rus’".
Tentò di stringere legami solidi con l’Impero di Bisanzio, desiderando di sposare il figlio Svjatoslav con una principessa bizantina; nel 957 si recò personalmente a Costantinopoli, ma il viaggio risultò infruttuoso fra la delusione dei cristiani e la soddisfazione dei pagani.
Allora i cristiani si appoggiarono all’imperatore Ottone I di Sassonia e nel 959 gli chiesero di inviare un vescovo per la Russia, che purtroppo nel 962 fu scacciato da una rivolta pagana.
Olga pregava giorno e notte per la conversione del figlio e per il bene dei sudditi, al termine della reggenza, secondo le leggi di allora, si ritirò nei suoi possedimenti privati, dove continuò nella sua opera di apostolato e missionaria, costruì alcune chiese fra cui quella in legno di S. Sofia a Kiev.
Visse piamente e morì a circa 80 anni l’11 luglio 969.
Dice il suo biografo Giacomo: prima del Battesimo la sua vita fu macchiata da debolezze e peccati, crudeltà e sensualità; ella ciononostante divenne Santa non certo per suo merito, ma per un disegno speciale di Dio sul popolo russo.
La venerazione per Olga cominciò sotto il governo del nipote San Vladimiro, che nel 996 fece trasportare il corpo nella chiesa da lui fatta costruire.
La festa fu fissata all’11 luglio, venerazione che fu poi confermata dal Concilio Russo del 1574.
I mongoli, nel 1240 invasero e distrussero completamente Kiev, 400 anni dopo il metropolita della città Pietro Moghil
a, fece restaurare le antiche chiese distrutte e le reliquie di Sant' Olga sembra che siano state ritrovate, ma dal 1700 non si hanno più notizie di dove siano.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*San Pio I - 10° Papa e Martire (11 Luglio)

Aquileia ? - † Roma, 155
(Papa dal 140 al 155)
Nato ad Aquileia, le fonti ci informano che era fratello di Erma, uno dei Padri apostolici, autore dell'opera "Il Pastore".
Etimologia: Pio = devoto, religioso, pietoso (signif. intuitivo)
Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di San Pio I, Papa, che, fratello del celebre Erma, autore dell’opera intitolata “Il Pastore”, custodì come un buon pastore per quindici anni la Chiesa.
Anche per San Pio I, come per quasi tutti i pontefici dei primi secoli della Chiesa, le notizie
pervenutaci, oltre che poche sono anche incerte; non si sa praticamente nulla, salvo quanto narrato dalle tradizioni.
Il “Liber Pontificalis” riporta che nacque ad Aquileia, figlio di un certo Rufino; Eusebio nella sua ‘Storia Ecclesiastica’ considera verosimilmente la durata del suo pontificato in quindici anni, dal 140 al 155; dal “frammento Muratoriano” sappiamo che era fratello di Erma, l’autore del ‘Pastore’.
Gli si attribuisce la data della celebrazione della Pasqua nella domenica dopo il plenilunio di marzo; sono importanti le sue norme per la conversione dei giudei.
Combatté lo gnostico Marcione (85-160) filosofo eretico, che contrapponeva al Dio imperfetto e ingiusto del Vecchio Testamento, il Dio buono che aveva assunto un’apparente forma umana in Cristo.
San Pio I non ebbe culto nell’antichità e perciò il suo nome manca negli antichi Martirologi, finché Adone lo inserì per primo nel suo ‘Martirologio’ all’11 luglio come ‘confessore’, mentre il ‘Martirologio Romano’ confermando la data dell’11 luglio, lo considera ‘martire’; come del resto lo furono quasi tutti i primi 31 pontefici, che governarono la Chiesa nel triste periodo delle persecuzioni, fino all’avvento di Costantino imperatore.
Il nome Pio è un nome già in uso in età imperiale, poi divenuto fondamentalmente cristiano, con chiaro riferimento alla pietà cristiana e alla devozione a Dio.
È appartenuto a ben 12 Papi; diffuso nel Nord e Centro Italia soprattutto nel femminile Pia; è il nome del recente Santo Cappuccino Padre Pio da Pietrelcina; Dante nel ‘Purgatorio’ rievoca la tragica vicenda di Pia de’ Tolomei, fatta uccidere dal marito.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*San Savino - Venerato ad Antigny (11 Luglio)

Sec. V
Savino e Cipriano (fr. Savin et Cyprien), Santi, martiri.

I documenti su questi santi poco attendibili. Nella metà del sec. V, a due fratelli cristiani, Savino e Cipriano, vittime di una persecuzione, sarebbero stati liberati da un angelo che li esortò ad incamminarsi verso le Gallie.
I persecutori si misero al loro inseguimento e li raggiunsero presso Antigny, sulle rive della Gartempe (Vienne) dove i due avrebbero subito il martirio.
I loro corpi furono ritrovati grazie a parecchi prodigi. Quello di Cipriano fu trasportato nel sec. X in un'abbazia fondata a Poitiers sotto il suo patrocinio. Questo monastero, affidato ai Benedettini, fu distrutto durante la Rivoluzione.
Gli affreschi della cripta romanica nella chiesa di St-Savin-sur-Gartempe illustrano la storia dei due fratelli.
Una frazione d'Antigny porta ancora il nome di Cipriano, la cui festa è celebrata il 14 giugno, mentre quella di Savino è fissata all'11 luglio.

(Autore: Roger Desreumaux – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*Santi Sigisberto e Placido (11 Luglio)

Martirologio Romano: A Disentis nella Rezia superiore, ora in Svizzera, Santi Placido, martire, e Sigisberto, abate, dei quali il secondo, compagno di San Colombano, fondò in questo luogo il monastero di San Martino, nel quale il primo coronò con il martirio la vita monastica.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*Beate Teotista del Ss. Sacramento (Maria Elisabetta Pelissier) e 3 Compagne - Vergini e Martiri (11 Luglio)
Scheda del gruppo a cui appartengono:
“Beate Teotista del Ss. Sacramento” (Maria Elisabetta Pelissier) e 3 compagne Vergini e martiri

+ Orange, Francia, 11 luglio 1794
Martirologio Romano: A Orange in Francia, Beate Rosalia Clotilde di Santa Pelagia Bès, Maria Elisabetta di San Teoctisto Pélissier, Maria Chiara di San Martino Blanc e Maria Margherita di Santa Sofia di Barbegie d’Albarède, vergini e martiri per Cristo durante la rivoluzione
La Beata Teotista del Ss. Sacramento è una delle 32 religiose (di cui tredici Sacramentine, sedici Orsoline, una Benedettina e due Cistercensi), vittime della Rivoluzione Francese, che a partire dal 6 luglio 1794 e per tre settimane consecutive, salirono il patibolo della ghigliottina di Orange, insieme ad un nutrito numero di cittadini, per un totale di 332 persone di cui 36 preti.
Le trentadue suore furono beatificate da Papa Pio XI il 10 maggio 1925, sotto il titolo di “XXXII Martiri di Orange” e la loro festa fissata al 9 luglio (vedere anche la scheda denominata “Beate Martiri di Orange”).
Maria Elisabetta Pélissier, nacque a Bollène (centro della Francia Meridionale, dipart. Vaucluse), il 15 aprile 1741; verso i 17 anni, entrò fra le suore Sacramentine di Bollène,
Congregazione provenzale fondata nel sec. XVII dal sacerdote Antonio Lequieu, ed emise la sua professione il 25 giugno 1759.
Ben presto per le sue evidenti qualità e virtù, occupò nella Congregazione, importanti mansioni; era una musicista nata ed aveva una bellissima voce; componeva poemi letterari e celebrava anche in versi i grandi avvenimenti ed i piccoli fatti quotidiani, che si verificavano nel chiostro; fra l’altro compose una lunga poesia in onore di San Benedetto Giuseppe Labre, il quale durante i suoi pellegrinaggi, aveva visitato anche il convento di Bollène.
Quando arrivò la tempesta della Rivoluzione Francese, la trovò salda nella fede; nel periodo del Terrore, che durò dall’autunno del 1793 all’estate del 1794, in tutta la Francia funzionarono alcuni tribunali straordinari, fra i quali uno dei più crudeli fu quello di Orange, città della Francia sud-orientale (l’antica colonia romana Arausio).
Il 22 aprile 1794 suor Teotista fu arrestata con le sue compagne di Bollène e trasferita ad Orange il 2 maggio, dove confluirono pure altre suore, sacerdoti e cittadini, rastrellati nel circondario.
Rinchiuse nella prigione detta “La Cure”, continuarono di comune accordo le pratiche della vita in convento; per 15 giorni nessuna fu chiamata; ma il 18 messidoro (6 luglio 1794) cominciarono le esecuzioni, proseguite a gruppetti anche nei giorni successivi.
Suor Teotista del Ss. Sacramento con altre tre compagne, salì il patibolo l’11 luglio 1794, cantando una lode da lei stessa composta:
“Quale augusto albero / piantato per il mio supplizio!
L’amore è il martello
che batte senza pietà.
Nessuno dividerà con me
quest’unico mio sacrificio.
I colpi del mio vincitore
mi annientano fino alla morte.
Ormai sono all’agonia.
Morte felice che si compie sulla croce,
là dove ritrovo la vita”.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

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*Beati Tommaso Benstead e Tommaso Sprott - Martiri (11 Luglio)

Martirologio Romano: A Lincoln in Inghilterra, commemorazione dei Beati Tommaso Benstead e Tommaso Sprott, sacerdoti e martiri, messi a morte per il loro sacerdozio sotto la regina Elisabetta I in un giorno rimasto ignoto di questo mese.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*Altri Santi del giorno (11 Luglio)

*San
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